Recensione:"Cuoia"

Cuoia, silloge votata al Faraexcelsior, di Gianni Marcantoni, edito FaraEditore, trasporta in un moto perpetuo dell’anima, dallo scandire atipico del tempo dell’ordinaria quotidianità; il poeta riesce a dar voce a sensazioni, momenti di vita personale arricchita da intime emozioni e dolce sentire, come una melodia che si diffonde lentamente senza limiti di spazio e tempo, in un susseguirsi di contraddittorie antitesi inattese che sono quelle della vita, in un altalenante sequenza di parole ricercate e delicate che come un dono prezioso trasporta nel mondo di emozioni controverse, profonde e intime.

“Le scomode abitudini non ci interessano,
né bastano ogni volta per ripetersi.
L’anno pazienta peregrinando sventurato,
mentre protrusioni di un oggetto sacrificale pungono.
Nella celata raccolta delle parole
rimango un avido stratega pronto a tutto.
Di me ho gambe arrese
e una bocca legata a un ramo.
Ho confuso quel che ero
con ciò che mi ha letteralmente smembrato.
Sii un segno indelebile
in mezzo a questo ginepraio,
poiché il buio divampa e tramortisce
più degli anni furibondi.”

«Nella celata raccolta delle parole rimango un avido stratega pronto a tutto», parole segrete, nascoste da quel velo di maia che tende a carpire cosa si cela nella realtà delle cose, delle azioni, dei pensieri della quotidianità di ogni individuo, ma in particolare le parole velate che appartengono alla visione del poeta Gianni Marcantoni, che confonde la realtà dell’identità personale in una scomposizione del complesso in micro frammenti per poi ricostruirsi in una nuova complessa e rigenerata metamorfosi del sé. Forza insita quella di ribellarsi alle difficoltà e sofferenze con nuovo vigore per affrontare in modo ostinato il buio per arrivare alla luce, quindi ribellarsi al male per raggiungere il bene in una costante visione e prospettiva positiva della vita. 

“Ho riconosciuto là i miei occhi,
mi hanno tradito,
sono sceso in un sentiero
credendo di arrivare alla mia dimora,
ma non c’era nessuno ad accogliermi.
E proseguendo, proseguendo
da solo come un gatto randagio
alla ricerca di qualcosa,
mi sono spento sotto la luce del tramonto
senza un’eco, senza alcun soffio leggero.
A forza di cadere mi sono liberato,
e questo sono al mondo:
l’ologramma estinto del mio stato,
non vedere nulla
ed essere come il tuo volto,
al mio stesso cancellato e sovrapposto.”

Come un randagio, uno stato d’animo intrinseco di chi vaga solitario senza meta tra i meandri della vita, con la stessa scaltrezza di un gatto attento e diffidente, ma anche socievole, che si districa in ogni situazione libero da compromessi, ai confini di una società scomposta che tutto disfa e ricompone a proprio piacimento, anche i sentimenti. Perché dedicare del proprio tempo alla lettura di questa silloge? Proprio perché come indizio dello stesso titolo “Cuoia”, al limite tra il riferimento al morire, al tirare le cuoia o al cuoio, pelle di animale, ci si immerge in un viaggio emozionale sensoriale che tutto può e tutti coinvolge in quel groviglio di emozioni che aleggiano in tutti noi.

Simona Trunzo

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